La carità: umiltà e amore
L’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Corinzi parla davvero al cuore della comunità cristiana. Ricorda i carismi, i doni, la missione a cui chiama ciascuno dei credenti. Nel capitolo 12 incomincia parlare soprattutto della carità e al capitolo 13 ne farà addirittura un cantico concreto, profondo, che sentiamo tanto attuale anche per noi.
Quando comincio parlare della carità sento il bisogno anzitutto di chiedere perdono, per le tante mancanze di carità che ci sono state e che ci sono nella mia vita di ogni giorno, anche per non illudermi e non pensare di essere a posto perché parlo della carità.
Poi credo ci sia bisogno di chiedere tanto perdono al Signore e al prossimo di qualunque situazione per le tante mancanze di carità che ci sono nella vita sociale, nella vita dell'umanità e anche nella vita della Chiesa: delle nostre parrocchie e dei nostri gruppi. Nella vita personale e nella vita dei gruppi anche all'interno di una parrocchia, penso che sia tanto necessaria l’ umiltà, la riservatezza, il nascondimento, l'operosità generosa e profonda che dobbiamo cercare di fare davanti al Signore e per il vero bene del prossimo. Può essere facile a volte mettersi in mostra, non soltanto fare le cose per gratificazione personale, ma anche per una tentazione di orgoglio, di vanagloria. Questo anche quando ci accostiamo i poveri: ci vorrebbe il pudore di accostarsi ai poveri, chiedendo perdono. Diceva un grande santo della carità, San Vincenzo de Paoli, che davanti al povero dovremmo inginocchiarci e chiedere perdono perché in fondo siamo e ci presentiamo come esseri superiori, perché abbiamo tante cose. Le tante cose possono essere un'offesa ai poveri. Un scrittore dice che quando ci chiniamo per sollevare qualcuno che è caduto, questi, quando si volta per ringraziare, non deve vedere nessuno, deve avere quasi l'illusione di avercela fatta da solo. Questa è una carità delicata.
Nella vita della società, come della vita della Chiesa abbiamo tanti gruppi, associazioni, esperienze di carità, di condivisione, di volontariato. Ma anche qui occorre verificare l’umiltà. Non cerchiamo noi stessi, non vogliamo far parlare di noi, non vogliamo noi emergere; sono i fratelli, i poveri, quanti hanno bisogno che devono sentirsi amati ed emergere. Il sentirsi più bravi degli altri, il volere fare proselitismo, il curare la visibilità… sono tutte cose che ci possono essere, ma io ho una grande paura che possono trasformarsi in peccati contro la carità, contro la comunione della Chiesa, contro quell'unità fondamentale del Corpo mistico di Cristo, alla quale siamo chiamati. Mi fa bene anche pensare che la carità non c'è quando io ne parlo, o quando io stesso cerco di viverla, la carità c’è quando i fratelli, le sorelle, il prossimo, i poveri… si sentono amati. Ora possiamo riprendere il grande testo di San Paolo.
Comprendiamo come è vero quanto afferma: potrei fare anche le cose più grandi, anche spiritualmente o religiosamente, ma se non ho la carità non faccio nulla di buono, sono un nulla. È interessante che dice anche se dessi tutti i miei beni e consegnassi il corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. Poi l'apostolo esprime il suo grande cantico: “la carità è magnanima, benevola, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode delle ingiustizie ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Noi abbiamo le grandi virtù: la fede, la speranza, la carità. La più grande di tutte è la carità, è l'amore!