LA PAZIENZA DI DIO
Cari amici,
perché perché a volte litighiamo in famiglia, e anche pesantemente, quando
sappiamo che la cosa più bella è volersi bene, rispettarsi, comprendersi? Ed
è questo che vogliamo.
Perché nel mondo c'è la guerra, quando tutti desideriamo la pace e sarebbe
così facile costruirla, realizzarla?
Perché c'è la fame, quando ci potrebbe essere cibo per tutti?
Perché qualcuno si droga, spreca soldi nel gioco e rovina la famiglia, si
ubriaca e sciupa la sua vita, quando la felicità è tutto un'altra cosa?
Perché il male e tanto male attorno a noi e anche in noi, quando è soltanto
il bene la cosa più bella per la vita di tutti?
Perché le tenebre sulla terra, quando è luce che dà senso?
Perché la sofferenza, se Dio è buono, è Padre, è amore?
Sono questi gli interrogativi che portiamo dentro e che ci angustiamo.
Una parabola di Gesù ci dice che il Signore ha seminato e semina il buon
grano a piene mani, ma di notte un nemico ha seminato e semina la zizzania,
il male.
Qui tocchiamo il mistero. Un mistero che la parola di Dio cerca di
illuminare con il racconto del tentatore e del peccato all'origine, nella
debolezza della persona umana.
Un mistero che Gesù intende illuminare con la parabola del buon grano e
della zizzania. Sembra dirci che dobbiamo imparare a convivere, a sapere che
c'è tanta luce ma ci sono anche le tenebre, c'è tanto bene, ma c'è anche il
male, c'è tanta grazia di Dio ma c'è anche il peccato di noi uomini.
Cosa fare allora? Vivere nella pazienza, non perdere la testa.
Pazienza con noi stessi, pazienza con gli altri, pazienza con la vita
dell'umanità di oggi, pazienza e attesa davanti a Dio.
Pazienza significar non rinuncia, ma vigilanza, per poter fare tutto quello
che si può fare al momento giusto e secondo le nostre possibilità, che sono
tante. Così possiamo tenere in mano la nostra vita e possiamo offrire la
nostra parte per il cambiamento delle situazioni problematiche della
società. Lasciamo poi al Signore il giudizio ultimo sulla storia e sulla
vita dei suo figli.
Con facilità ci sentiamo “buon grano” e puntiamo il dito contro le tante
persone che pensiamo siano “zizzania”.
La parabola presenta la pazienza di Dio.
Il peccato, il male va individuato, occorre lottare contro il mare
cominciando da noi stessi. Il male, non la persona che lo fa... Dice Gesù
“sono venuto a salvare i peccatori” e non si dà pace finché non ne ha
salvato il più possibile.
Il buon grano è seminato, anche noi seminiamo. La zizzania è seminata, anche
noi la seminiamo tante volte.
Abbiamo davanti a noi la pazienza di Dio, la sua misericordia, la sua
speranza: siamo certi che Lui vuole che diventi anche la nostra speranza,
nella vita personale, nella famiglia, nella comunità cristiana, nella vita
del mondo.
Possiamo collaborare con il Signore a seminare buon grano e non zizzania.
Perché cresca il regno di Dio che è la vera vita di noi uomini.
Una testimonianza: Benedetta Bianchi Porro ha avuto tanti incontri con molte
persone: seminava sempre parole buone, costruiva amicizia vera, sosteneva la
fede e la santità attorno a sé, nelle sue lettere non si trovano mai
chiacchiere, zizzania, ma sempre comprensione e incoraggiamento. Quando la
mamma volle che incontrasse e parlasse col marito, di cui non era contenta,
chiese a lei che lo rimproverasse. Benedetta, quando il papà entro nella sua
camera, lo ringraziò per tutto quello che aveva fatto. Alla mamma,
risentita, disse che era con la dolcezza che voleva cambiare il cuore del
papà. Così avvenne.
Vorrei concludere con alcune riflessioni di un maestro di vita spirituale:
“Il Signore mi chiede di avere pazienza. La pazienza è un atteggiamento che
a che fare col patire, col dolore. Costa, la pazienza, non ci viene
spontanea.
Pazienza nel vedere la zizzania invadere il campo di grano.
Il campo del mondo, che mi ostino, per fede, a vedere positivo, seminato a
grano buono, proiettato verso la pienezza, non travolto dalla tenebra,
destinato al caos e alla distruzione, è il luogo in cui sono chiamato a
crescere.
Non lo fuggo, non mi ritaglio uno spazio protetto, marginale, rischio di
ogni comunità cristiana, di ogni esperienza religiosa. Ci sto in mezzo.
Il mondo non è perso, non è rovinato, non è condannato.
‘Dio ha tanto amato questo mondo da mandare suo Figlio'.
E se lo ha amato Dio, ci provo anch'io ad amarlo.
Dando retta all'ottimo consiglio dell'apostolo Paolo:
“ Non vogliate giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore
verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le
intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode (1 Co.
4,5)”.(Paolo Curtaz)