Il Signore ci conceda tempi di pace
Iniziamo un nuovo anno. La liturgia della Chiesa ci fa contemplare Maria Ss, madre di Dio. La invochiamo perché lei, che ha dato al mondo Gesù, il principe della pace, ottenga dal suo Figlio la pace, per ogni popolo, per ogni parte del mondo, perché ogni persona possa iniziare questo anno nuovo nella benedizione del Signore, perché sia un anno di grazia, di salute, in questo tempo di grande preoccupazione, perché ci sia possibilità di vita e di pace per tutti. Bellissima la benedizione che ci è riportata nella Bibbia: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Difatti, in questa giornata particolare, già da molti anni celebriamo la giornata mondiale della pace, nella preghiera, nella intercessione costante, nella riflessione, nella conversione del cuore, nella promozione della pace con tutte le nostre forze. Papa Francesco ha inviato al mondo un messaggio particolarmente toccante, profondo, preoccupato dell'attuale periodo storico che stiamo vivendo.
“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace”. Con queste parole del profeta vuole aiutare tutti a camminare e a costruire la speranza di “una rinascita dalle macerie della storia per una vita nuova, per una storia di pace”. Scrive il Papa: “Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l'assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull'individualismo più che sulla condivisione solidale”. Altre volte aveva definito la nostra economia mondiale, “un'economia che uccide”, non che dà vita. “Anche oggi il grido dei poveri della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace. Sempre la pace è un dono dall'alto ed è il frutto di un impegno condiviso” .E usa le immagini dell'architettura e dell'artigianato: l'architettura della pace, opera delle istituzioni della società, l'artigianato della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. “Tutti possono collaborare a edificare un mondo di pace: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l'ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.
Papa Francesco propone tre vie per la costruzione di una pace vera e duratura: prima, il dialogo fra le generazioni, per realizzare progetti condivisi; seconda, l' educazione come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Terza: il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. La crisi sanitaria ha reso più forte per tutti il senso della solitudine, il ripiegarsi su se stessi. “C'è la solitudine degli anziani, nei giovani c'è un senso di impotenza e la mancanza di un progetto di futuro. “Certamente anche in questo tempo può esprimersi il meglio delle persone: ci sono tante testimonianze generose di compassione, di condivisione, di solidarietà. Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi, e camminare insieme”. C'è una frase degli indiani d'America che dice: ‘la terra su cui viviamo non l'abbiamo ereditata dei nostri padri, l'abbiamo presa in prestito dai nostri figli'. .Papa Francesco afferma: “L'ambiente stesso è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alle generazioni successive. Nel patto fra le generazioni, nel dialogo fra di esse, c'è questa idea che nessuno può permettersi di utilizzare tutti le risorse a proprio favore senza pensare che quelle successive hanno bisogni ugualmente legittimi e necessari”. Che società stiamo trasmettendo? Quale terra consegniamo alle generazioni del futuro? L'opera educativa: siamo stati qualche anno fa in Tanzania a completare la costruzione di una scuola in un villaggio molto povero, ma ricco di stuoli di bambini. Ci guidava la consapevolezza che l'educazione è la strada per cambiare il mondo. Quando siamo stati a Wajir, la terra di Annalena, abbiamo visitato una specie di villaggio scolastico che accoglieva più di 3000 bambini. La maggior parte delle classi non aveva un'aula, ma facevano scuola sotto gli alberi. È stato bello poter realizzare una grande scuola per tutti costoro a nome del nostro d. Mino. Ho visto bambini in tutte le missioni visitate, accolti, aiutati a leggere a scrivere, fino a tanti che proseguono sino alla fine degli studi superiori: saranno insegnanti, medici, architetti, politici in futuro. Si comprende anche perché dove ci sono sistemi politici oppressivi non si vuole la scuola, come in questi tempi in Afghanistan o in tante altre parti, perché secondo i talebani o chiunque altro, chi studia impara a ragionare, a riflettere e un giorno a scalfire i sistemi ingiusti. Viene in mente il nostro d. Milani che ha santificato la sua vita di prete, facendo scuola ed educando i più poveri. Ma è un problema grosso. Afferma il Papa: “Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l'istruzione ed educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. Noi sappiamo invece che rendono le persone più libere e responsabili, portano alla società speranze, ricchezza e progresso. Le spese militari, invece, sono aumentate e sempre sono destinate a crescere in modo esorbitante”.
Ho letto la storia di un bambino, Daniel, 10 anni: arriva a Kampala, in Uganda, in una struttura che accoglie orfani di guerra e bambini abbandonati, fuggito dal Nord, sopravvissuto ad un attacco, negli occhi il massacro della madre, uccisa davanti a lui. Quando arriva in questa struttura dice: “Voglio andare a scuola per diventare un capo e uccidere tutti quelli che hanno fatto del male ai miei genitori”. Dopo un primo ciclo di studi Daniel confida un altro proposito: “Voglio diventare medico e curare i bambini che come me sono passati attraverso un trauma così devastante come la guerra civile e la morte violenta della propria madre”. Ecco l'importanza dell'educazione come investimento di pace. Una notizia mi ha sconvolto. I mondiali di calcio che si apriranno in Qatar il prossimo novembre sconteranno il sangue di oltre 6500 lavoratori. Morti fra il 2010 il 2020 per incidenti nella costruzione di stadi e palazzi o di infarto per le condizioni proibitive, di semischiavitù, in cui lavoravano e vivevano. Di fronte a tutte le schiavitù, il Papa richiama, e noi con lui dobbiamo farlo, la dignità del lavoro, cioè la dignità di ogni persona che ha diritto a un lavoro, come lui afferma, “libero, creativo, partecipativo e solidale”. Se il lavoro è tutto questo, è evidente che promuovere e assicurare il lavoro costruisce la pace. Stiamo vivendo qui nel nostro ambiente e soprattutto nel mondo grossi problemi a livello del lavoro: disoccupazione, crisi, situazioni disumane. Con un pensiero particolare ai migranti.
Basta pensare quanta gente muore mentre sta andando a cercare un lavoro, per poter vivere e aiutare i propri figli; possiamo pensare alle migliaia e migliaia di persone nei campi profughi del mondo, ridotti allo stremo. “Il lavoro è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà. Il lavoro è una necessità e parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano, di realizzazione personale”. Dice il Papa: “Dobbiamo unire idee e sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni persona in età lavorativa abbia la possibilità con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società. Faccio appello a tutti affinché insieme camminiamo su queste tre strade: dialogo tra le generazioni, educazione, lavoro. Con coraggio e creatività... E che siano sempre più numerosi coloro che, senza far rumore, con umiltà e tenacia, si fanno giorno per giorno artigiani di pace”.
Questo lo chiediamo e lo proponiamo davanti a Cristo, principe di pace, davanti a Maria Ss., regina della pace, mamma della pace, insegnante ed educatrice di pace.